Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Io immagino le facce dei dirigenti dell'Ikea. Li immagino in una stanza grande, seduti attorno ad un grande tavolo. Dalle finestre si può godere di un vasto panorama svedese, a perdita d'occhio. Sono tutti lì, a discutere di un passo importante! L'ikea aprirà filiali in tutto il mondo. Sono pronti. Sanno che sarà un mercato aggressivo, difficile, sfiancante. Ma il mercato, pur nelle sue dinamiche esasperanti, ha delle regole chiare e precise. E' un po' come una partita a scacchi. I due contendenti si studiano, si affrontano, e poi ognuno sceglie la sua mossa.
Con questa filosofia ikea conquista l'Europa. Aprono decine e poi centinaia di sedi. Prima solo nelle grandi città, poi anche nei centri minori. Le case dei cittadini dell'unione sono ora colme di mobili in abete svedese. Chi non ha a casa un tavolo BJURSTA, o un divano EKTORP? O magari solo qualche complemento d'arredo, che so, un LAXVIK o un TRABY? L'ascesa è inarrestabile, tutto procede nel migliore dei modi, fino a che, anche i dirigenti ikea fanno un grave errore: decidono di aprire a Rimini!
Rimini, da fuori, sembra una città come le altre, ma in realtà, qui, esistono potentati e feudi che in Svezia hanno probabilmente debellato alla fine del XVII secolo. Ogni settore ha il suo signorotto. C'è il Don Rodrigo dell'edilizia, c'è quello del turismo, e, infine, c'è anche il Don Rodrigo dei mobili in legno. Quando il signor ikea è arrivato a Rimini, probabilmente ad aspettarlo all'aeroporto è arrivato proprio il Don Rodrigo dei mobili in legno, e probabilmente, al ritiro bagagli gli ha fatto trovare una testa di alce recisa.
Quando ha saputo che ikea voleva aprire a Rimini, il Don Rodrigo è andato su tutte le furie! Chi osava mettere piede nel suo feudo? Lui, proprio lui che sugli impiallicciati aveva costruito un regno! Anatema! Papé Satan Aleppe! Ma il libero mercato va oltre i potenti mezzi di ogni Don Rodrigo. Lo sbarco a Rimini di ikea è una realtà in procinto di realizzarsi, anche se qui in Italia c'è una regola ferrea: il libero mercato va bene solo per adeguare le tariffe a quelle europee, ma non venite a romperci le uova nel paniere con i vostri prodotti a costi più bassi e fatti meglio in casa nostra, chiaro? (queste non sono parole mie, è un decreto legge)
Morale della favola: l'apertura dell'ikea a Rimini è slittata di alcuni mesi, per una variante al piano regolatore in continuo ritardo (chissà come mai! Guarda te alle volte le coincidenze!). Poi, alla fine, tutto si sblocca! La variante arriverà, ikea aprirà a Rimini. E già che è stata fatta la variante e c'è tutto quello spazio libero proprio a fianco, ci apriamo anche un nuovo, mastodontico mercatone uno che venderà soprattutto mobili! Perché la concorrenza, è chiaro, ha le sue regole!
 Alcune foto fortunate sono epifanie di un luogo. Molto più delle cartoline esse raccontano, magari in modo un po' distratto e di sottecchi, qualcosa del luogo che mostrano. Come questa foto di Rimini, città dal cuore pesante e nebbioso. Eccola, bella in un tramonto settembrino col suo mare capriccioso ora calmo, con una barca che rientra, la piacevole aria della sera e sullo sfondo l'infinita scogliera di alberghi e gru, un muraglione che oscura la sottile linea dei colli appena percettibile. Settembre e giugno sono due mesi perfetti per visitare la città. Il clima è estivo ma non torrido, le frotte di turisti sono tornate al lavoro, la spiaggia ha già un che di desolato, malinconico, e sfoggia un fascino inusitato, sottile. Basta lasciare da parte per un attimo tutti i cliché, belli e brutti, la piadina, i bagnini, fellini, i romagnoli e prendersi qualche momento per passeggiare sulla spiaggia umida, o lungo il molo, a guardare le barche che rientrano, senza far scivolare gli occhi sul divertimentificio che ogni anno diverte di meno, ma ancora funziona e ha un suo perché. Dal mare al centro si scopre una città vivibile, ammaliante e che ha il merito di rimanere bella nonostante gli scempi a cui la sottopongono gli amministratori comunali, qualche gretto imprenditore con troppi soldi e i commercianti del centro che non vedono l'ora di far saltare per aria tutta l'area pedonale del centro storico.
Dopo un'assenza di qualche anno, Interno 4 è tornata a Rimini. Indipendente|mente, questo il nome della libreria, vuole essere più di un semplice negozio di libri. Indipendentemente, si presenta alla città come un luogo di incontro, come uno spazio per le idee, come un'officina culturale. In due parole, la nuova Interno 4 vuole essere una libreria diversa. Lo è nel luogo: in via Di Duccio, a pochi passi da piazza Cavour, in pieno centro ma in un angolo appartato e tranquillo. Lo è nella struttura, con una bella sala lettura in cui fermarsi a leggere bevendosi un caffé o un mate. Lo è nelle proposte, grazie ad un ricco calendario di eventi che porta una bella ventata di novità nel panorama cittadino. E ad appena una settimana dall'inaugurazione, si comincia sabato sera con Giuseppe Palumbo che presenta Troglodita. Troglodita 01 è una antologia che raccoglie i fumetti e gli esperimenti grafici di Giuseppe Palumbo, proponendo storie e immagini legate al mondo delle Ombre Suicide, una realtà alternativa e critica rispetto al reale mondo contemporaneo. Apparse su riviste straniere o su GevsG8, le prime tre storie contenute nel numero 1 di Troglodita raccontano alcuni dei modi in cui si manifestano le Ombre Suicide, presenze allontanatesi dalla realtà o per scelta o per necessità. Una lettura insolita per il lettore di fumetti attento al fumetto d'autore e alle graphic novel, ma anche per l'appassionato di poesia, di filosofia o di psichiatria, per chi si interroga sulla vita ai margini come specchio delle contraddizioni e dei problemi irrisolti della cosiddetta vita normale. Per info: Libreria Indipendente|mente Interno 4 Via A. Di Duccio 26, Rimini tel. 0541-784948 per informazioni: indipendentemente@interno4.com
Da secoli, i fuochi d'artificio scandiscono le feste solenni, i grandi raduni e i momenti più importanti con il loro carico di emozioni, colori e botti. Come un bambino potrei stare ore con il naso all'insù a guardare le girandole, le fontane, i razzetti e tutte le combinazioni di esplosioni e figure geometriche apparire nel cielo per poi essere inghiottite dalla notte.
Ma a Rimini, sinceramente, non se ne può più. Dall'inizio della stagione turistica sino a metà settembre, ogni sera, o poco meno, è la solita litania di botti e fuochi.
Si festeggia prima l'inizio della stagione, poi è la volta della festa della spiaggia, poi la sagra della salsiccia e della piadina, poi l'Osanna degli ombrelloni, poi la partenza della nave di Iside, il primo quarto di stagione, l'ascensione dei bagnini, il passaggio della nave di un ricco armatore greco, il campionato extra-galattico di biglie e così via, a giorni alterni, sino alla perdita del quaranta percento della propria capacità uditiva e della totale indifferenza verso qualsiasi epifania pirotecnica di cui ormai nessuno sopporta anche solo il nome.
L'unico risultato di questa infinita teoria di fuochi, infatti, è che nessuno alza più lo sguardo. Inoltre, aumentandone la quantità e rimanendo probabilmente costante la spesa, diminuisce la qualità, come insegna la matematica, e tutte diventano uguali e banali. Ma quello che è peggio è che si perde il senso dell'appuntamento importante, del momento atteso e del piacere di avere qualcosa da aspettare e da godere. Non sarebbe meglio farne qualcuna in meno, magari pubblicizzarla di più e creare uno spettacolo davvero memorabile?
 Dal 10 al 19 giugno si è svolto, a Rimini, il festival del Jazz Tradizionale e dello Swing. Io ho fatto l'ufficio stampa, ed è per questo che sono scomparso del tutto dalle scene per oltre un mese. Non è il primo lavoro del genere che faccio, ma è il primo di questa "portata". Il mio povero blog è stato sguarnito per quasi due mesi! Sigh! Eppure avrei così tante cosa da dire! Ma appena posso torno, insomma, non vorrei che i miei lettori passassero da tre a due. Il festival del Jazz è stata una bella finestra su un mondo davvero poco conosciuto. Se è vero, da un lato, che di festival del jazz se ne trovano parecchi - Umbria Jazz primo tra tutti - è vero che uno concentrato sul Dixieland e sullo Swing, la musica degli anni '20 e '30 del '900, ancora non c'era. Da Rimini sono passati ospiti illustri e grandi band da tutto il mondo. Nella foto Bradford Duke Truby, il bassista dell'Hot Club of New Orleans, formazione di cinque elementi direttamente dalla Louisiana sul palco di Piazzale Fellini a Rimini. Un concerto trascinante e coloratissimo, che ha saputo unire le sonorità jazz a quelle gitane di un violino malinconico eppure frenetico. Ora spero di tornare al più presto a raccontare - ai miei tre lettori - anche gli altri viaggi e le altre novità fatte in questi mesi.
Dopo una giornata passata sul computer a scrivere, uscire a passeggiare è un vero toccasana. L'aria fredda di febbraio ti si infila tra i neuroni e li risveglia per guardare, annusare ed ascoltare un mondo che ti si forma attorno passo dopo passo. Un mondo già di per sé affascinante, ma se la città di Rimini ci aggiunge un tocco in più, allora è anche meglio. Da anni Rimini è una città che cerca di slegarsi dal clichè di capitale delle vacanze in estate e deserto di stimoli in inverno. Pian piano, grazie anche all'università, sembra farcela. Lunedì scorso, il 13 febbraio, sotto il loggiato del mercato coperto, in piazza Cavour, un piccolo e inaspettato concerto di Bossa Nova dava un colore nuovo e fiammante alla città. Svalicate le Alpi, nelle grandi città europee, la musica all'aperto non è solo un escamotage usato da chi ha l'assoluta necessita di guadagnare qualcosa per mangiare, ma è anche una prova per chi suona di professione, e un intrattenimento finanziato da enti privati o dal comune per dare alla città un tocco diverso, un respiro artistico e uno svago a chi trova a passarsi lì per caso. Per Rimini è stata una novità, e lo sarà per tutto il resto dell'inverno grazie Rimini, il mare d'inverno, la serie di eventi sparsi per il centro organizzati dalla CNA di Rimini. Io l'ho trovato affascinante e appagante. Tanto bello quanto inaspettato, la mia giornata si è subito conformata alla musica calda in mezzo al freddo umido della città. Anche il pupettto, nella carrozzina ondeggiata avanti e indietro, ha dormito al ritmo di chitarra e contrabbasso.
 In tutti i romanzi di gioventù, quelli letti per sognare di grandi viaggi e di grandi incontri, si incappava sempre in città crocevia di razze, fedi e persone. Fosse Shangai, Kabul, la lontana Baghdad o la più europea Londra, le città culturalmente più evolute affascinavano per la loro capacità di ospitare le più diverse persone, etnie e culture. Al contrario, le piccole città di provincia hanno sempre guardato gli stranieri con un misto di curiosità e sospetto. Nel frattempo, anche la piccola Rimini, città sui generis nel panorama italiano, ha conquistato la sua parte di internazionalità. Per chi passeggia tra le vie che da Piazza Ferrari corrono verso la stazione, il panorama è molto diverso rispetto a qualche anno fa. Io vivo al limitare di questo quartiere, quello che negli anni '70 era il quartiere delle puttane, quello che dopo i primi restauri e recuperi è diventato un anonimo quartiere di una città in espansione, quello che oggi, infine, dagli stessi abitanti è chiamato Bangladesh. Così lo chiamano i senegalesi che lavorano nei numerosi African Shop e nei negozi di parrucchieri e acconciatori che espongono in vetrina locandine dal cotonamento anni '70, oppure nelle piccole botteghe dal forte odore di cumino, zenzero e coriandolo. Insieme a loro, un negozio alla volta, il Bangladesh di Rimini si è popolato di cingalesi, cinesi e indiani. Alimentari colorati di spezie e mal d'Africa sono sorti di fianco ai panettieri e alle macellerie; i negozi di trasferimento valuta hanno affiancato quelli di telefonini, ai ristoranti si accompagnano i Doner Kebab. Lo scambio è equo: i riminesi assaggiano la carne al girarrosto della piccola rosticceria gestita da Javaid, Nazar e Wajid Alì, specializzata in enormi panini con carne di montone, pomodori, salse allo yogurt e patatine, e gli indiani affollano il piada e cassoni da Johnny, proprio al centro del multicolorato quartiere (il cassonificio dalle temperature più alte della città) Infine, logica conclusione, è stata aperta anche una moschea, che tanto ha fatto paura a chi vive di preconcetti. Il luogo è affollato di venerdì, come una chiesa lo è di domenica, e nient'altro da segnalare. Intanto Rimini cresce, ed è bello vedere senegalesi che non sono più solo 'Vucumprà' (parola davvero orribile), od operai costretti ai lavori più umili e bistrattati. E' affascinante vedere ragazzi cinesi che non parlano solo cantonese stretto ma che riescono a comunicare coi loro coetanei riminesi e allargano le strette maglie della loro comunità. La seconda generazione si sta inserendo nel tessuto sociale arricchendolo e vivacizzandolo. Fino a che, nonostante un taglio degli occhi dal sapore ancora esotico, saranno riminesi a tutti gli effetti. D'altronde anche noi siamo riminesi solo perché siamo nati e cresciuti qui, anche se molte nostre famiglie sono giunte da altre regioni, Toscana, Marche, Lombardia, Sicilia. E anche i riminesi di più antica tradizione non fanno certo parte delle gentes latine che fondarono la città e sono riminesi per storia, per tempo di appartenenza, non certo per "sangue". Le città le fanno gli abitanti e cambiano con loro, non esistono abitanti tipici di città italiane, e quelli che a noi sembrano tali non lo erano uno o due secoli fa, o se esistono sono lo specchio dei tempi, e i nostri tempi sono di incontro e non di chiusura (speriamo!).
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