Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
di stefano del 14/01/2006 @ 18:48:00, in viaggi, letto 1020 volte
 Eccolo, alla fine, il rinascimento, la sua geometria luminescente che cerca di tracciare una linea diretta che colleghi l'uomo e la razionalità. Eppure, pur nella sua bellezza il duomo di Firenze e il campanile di Giotto, o ancora le stupefacenti geometrie di Santo Spirito, lo spazio tagliato dalle colonne del Brunelleschi, rimangono solo una delle facce di Firenze, incomprensibile senza la violenza e l'oscurità della parte più antica e primigenia della città. La ricerca dei numeri perfetti, della verità unica e onnicomprensiva, del sistema che spieghi le più piccole particelle disperse nel nostro corpo o i più lontani quasar di sconosciute galassie, nasconde, e spesso neanche troppo, la parte più animalesca e istintiva. Questi viaggi doppi, che corrono per le strade e tra le arterie e i neuroni, che lentamente ci uccidono con nuova sapienza sempre più insopportabile sono quelli che Hesse definiva i veri viaggi, non semplici spostamenti per turisti stanchi in cerca di una settimana di svago. Ma la necessità di scoprire una città e quindi di lasciarsi scoprire dalle strade e dalle pietre della città. Osservarla nella sua prostituzione e prostituirsi per conoscerla. Il viaggio non è mai facile, è fatto di sangue e sudore, bisogna accettare il rischio, anche quello di perdersi nel dedalo di strade e sensazioni, di conoscenze e paure. Ma alla fine, si scopre l'intimità delle strutture, il senso delle linee e delle disposizioni degli edifici e i monumenti, il genius loci altrimenti incomprensibile.
Ho finalmente trovato un fratello di web! Pensavo di essere l'unico idiota a regalare al mondo virtuale (per altro totalmente disinteressato al mio presente) storie della mia morte. E invece no! In questo sito, Chuck Lumb mette in mostra delle divertenti foto di sue probabili morti sparse per la casa o in giro per la sua città. Lo vediamo caduto dalle scale, oppure impiccato al ventilatore di casa e altre amenità mortuarie. Io - per quanto di foto stupide ne abbia a bizzeffe - le mie future e potenziali morti le racconto solo, su questo sito. Quelle dei mesi passate possono essere lette nella sezione ricerca E insomma eccoci qua, tutti morti e divertiti! Cosa c'è di meglio?
Il breve racconto che segue, crapuloneria in normandia, è stato selezionato tra i vincitori di un piccolo concorso della scuola Holden. Non meravigliatevi se in futuro leggerete blog e articoli sempre più belli e avvincenti. Il premio per i vincitori era un corso di scrittura creativa.
Gli studenti universitari sono squattrinati per antonomasia. Io l’antonomasia la studiavo al corso di Poetica e Retorica, sapevo bene cos’era. E infatti non avevo una lira. Così, le esigue finanze raccolte per il viaggio a Parigi insieme a qualche amico erano appena sufficienti per pranzare a kebab e cenare a McDonald. Prima di lasciare la Francia, passammo a trovare, in Normandia, la nonna di un amico, in una piccola casa isolata nel cuore delle piatte distese boscose. Gentile, simpatica e non automunita. Così cominciò la mia iniziazione forzata al buon cibo. E come ogni iniziazione, fu fantastica e dolorosa. Si cominciava all’alba, appena svegli, quando il mondo ha ancora un sapore indistinto, a croissant e pan au lait. Golosità che tornavano a metà mattina per la tremenda seconda colazione. Qualche passeggiata in quelle lande basse e silenziose ci liberava di ben poco peso. Innaffiato da generosi calici di Bordeaux, il pranzo ci cadeva addosso che ancora il bianco dei nostri occhi trasudava il burro della mattina. E c’erano grossi polli contornati di puré caldo su cui veniva versato il grasso della cottura, bolliti misti e patè de foie gras, affettati e baguette. L’allegra camminata postprandiale ci risvegliava nella memoria la presenza di gambe e muscoli, a lungo privati del sangue che roteava attorno allo stomaco come gli anelli a Saturno. Ma il precoce buio normanno ci riportava a casa, con un cointreau e un piccolo aperitivo, in attesa della grande cena. Era il tripudio: il vino sembrava inesauribile, la fonduta di formaggi colava sulle patate calde e sugli affettati, i risotti si sprecavano e l’immancabile piatto di formaggi molli e ammuffiti si spingeva giù nello stomaco in attesa di un condono. Che bellezza: la prima notte vomitai tutto, e poi non mi fermai più!
Da vero fanatico del tè, ho appreso con molta gioia la notizia dell’apertura di un museo del tè a Catania. Non passa giorno che non beva tè, e non è raro che raggiunga anche le quattro o più tazze al giorno. Se sono ancora vivo e non un grumo informe di caffeina lo si deve al fatto che oltre al tè nero e fermentato, ne bevo tantissimo verde, con l’inconveniente di passare metà giornata - quella in cui non bevo - in bagno. Ma la mia felicità si è subito ridimensionata quando il servizio si è concentrato, in particolare, sulla tazza e la teiera più grandi del mondo ospitate proprio nel museo della bella Catania. E’ una tendenza che non riesco a reggere, quella dei guinnes dei primati degli oggetti più grandi del mondo. Ogni volta che si va da qualche parte si trova sempre un comune, un paese, un casolare isolato che ostenta qualcosa di assolutamente grande e inutile. Oltre ad essere subissati di iniziative come la focaccia più grande del mondo, la pizza, il panino, la mozzarella di bufala più grande del mondo (con conseguente presentazione del bufalo più grande del mondo), ad ogni visita museale si incappa in qualcosa del genere. L’ultima mia vacanza nel Baden Wurttemberg è stata subissata da oggetti di dimensioni pantagrueliche: a Freudenstadt, bellissima città, si trova la piazza più grande della Germania, nelle rovine del castello di Heidelberg la botte da vino più grande del mondo, e infine, a Triberg, cittadina nel sud della Germania, addirittura l’imperdibile orologio a cucù più grande del mondo. La domanda che sgorga spontanea è perché? Anzi, io vi rivolgo il perché più grande del mondo!
Dopo una giornata passata sul computer a scrivere, uscire a passeggiare è un vero toccasana. L'aria fredda di febbraio ti si infila tra i neuroni e li risveglia per guardare, annusare ed ascoltare un mondo che ti si forma attorno passo dopo passo. Un mondo già di per sé affascinante, ma se la città di Rimini ci aggiunge un tocco in più, allora è anche meglio. Da anni Rimini è una città che cerca di slegarsi dal clichè di capitale delle vacanze in estate e deserto di stimoli in inverno. Pian piano, grazie anche all'università, sembra farcela. Lunedì scorso, il 13 febbraio, sotto il loggiato del mercato coperto, in piazza Cavour, un piccolo e inaspettato concerto di Bossa Nova dava un colore nuovo e fiammante alla città. Svalicate le Alpi, nelle grandi città europee, la musica all'aperto non è solo un escamotage usato da chi ha l'assoluta necessita di guadagnare qualcosa per mangiare, ma è anche una prova per chi suona di professione, e un intrattenimento finanziato da enti privati o dal comune per dare alla città un tocco diverso, un respiro artistico e uno svago a chi trova a passarsi lì per caso. Per Rimini è stata una novità, e lo sarà per tutto il resto dell'inverno grazie Rimini, il mare d'inverno, la serie di eventi sparsi per il centro organizzati dalla CNA di Rimini. Io l'ho trovato affascinante e appagante. Tanto bello quanto inaspettato, la mia giornata si è subito conformata alla musica calda in mezzo al freddo umido della città. Anche il pupettto, nella carrozzina ondeggiata avanti e indietro, ha dormito al ritmo di chitarra e contrabbasso.
Riporto, con molto piacere, un trafiletto sul mio racconto Crapuloneria in Normandia, uscito sul settimanale Il Ponte di Rimini, a cura del bravo Paolo Guiducci.
"Crapuloneria in Normandia" è il titolo del breve, brillante racconto con il quale il giornalista riminese Stefano Rossini (e "titolare" della rubrica Tempo Libero, ogni mese sul nostro settimanale) ha vinto il premio regionale della Scuola Holden "Una cena da Re" (un corso gratuito di scrittura creativa online). Scritto in prima persona, narra di uno squattrinato studente universitario che per una volta riesc a "liberarsi" dalle forzate pastoie di kebab e McDonald, tuffandosi sull'iniziazione forzata al buon cibo in Normandia.
di stefano del 01/03/2006 @ 19:28:00, in viaggi, letto 3325 volte
 Se esiste un inferno per i fotografi, sarà fatto ad immagine e somiglianza di Città di Castello. In primo luogo, Città di Castello soffre di un male orribile che affligge tutte le città italiane: le automobili. Solo poche città in Italia sono immuni dal parcheggio folle e schizofrenico in tutto il centro storico e davanti ad ogni monumento. Città di Castello, mi rincresce dirlo - perché tra l'altro è un borgo molto suggestivo - rappresenta lo stadio finale di questa tendenza. Le macchine sono letteralmente ovunque. In tutte le vie, anche le più strette del centro, nelle piazze, anche quelle che ospitano i monumenti di pregio, negli slarghi, nei piazzali e, a breve, sui balconi delle case. Ma questo è solo uno degli ostacoli fotografici della mia visita odierna a Città di Castello.  Ecco una breve cronistoria del viaggio. La sera prima di partire ha nevicato. "Vabbé", mi sono detto, "dovrebbe smettere in serata, secondo le previsioni". Per sicurezza ho recuperato un paio di catene per la macchina e mi sono comunque preparato a partire. Durante il viaggio, a metà della mulattiera E45, superato Bagno di Romagna, si sono avverate di colpo una mezza dozzina di profezie del nuovo e vecchio testamento: il sole si è oscurato, le nuvole erano così basse e nere che la mattina sembrava la sera, nevicava e il vento portava con sé le più crudeli creature dell'inferno. Pochi chilometri prima del passo, l'E45 chiudeva. Per ferie? No, per lavori. Così sono uscito e ho preso il passo di Monte Salico. Il paesaggio era sospeso tra la neve e le nubi basse, gli alberi e i rami erano imbiancati, insieme alle montagne e ad un gruppo di piccole arnie posate poco distanti dalla strada. Svalicato insieme ad un branco di lupi e ad una fila di camion, siamo scesi verso Città di Castello, dove ci attendeva una pioggia battente.  Nei pressi della città, per diretta intercessione dell'altissimo, la pioggia scemava. Sceso dall'auto ho iniziato subito a fare qualche foto - senza troppa convinzione - sotto un cielo grigio che ingrigiva ogni cosa. Come se tutto questo non fosse stato sufficiente, l'impacchettatore Christo doveva essere arrivato qui pochi giorni prima di me. I principali monumenti, i campanili, le piazze e le chiese più belle erano tutte avvolte dalle impalcature e dai tendaggi dei lavori. La pioggia riprendeva ad intermittenza sincronizzandosi con il mio ingresso nelle caffetterie: quando entravo, smetteva, quando uscivo ricominciava. Come detto sopra, le macchine erano parcheggiate prospicienti ad ogni monumento davanti al quale non ci fossero i lavori, ed infine, ad ogni incrocio si trovava un cartello che indicava: pinacoteca comunale, ognuno in una direzione diversa. Un altro problema di Città di Castello è che le vie sono larghe giusto quanto un automobile, ma, purtroppo, ci sono anche i pedoni, con grave rischio della loro vita - in questo caso della mia. Stanco e provato, al limite della depressione, ho deciso di tornare indietro e di rimandare la visita a Città di Castello ad un altro giorno. "Ma", mi sono detto, "posso approfittarne per fare qualche foto ai paesaggi innevati sul passo!". Il tempo di arrivare su, e la pioggia aveva sciolto la gran parte della neve. Domani ho appuntamento con l'esorcista.
Forse non potrò scriverlo nel diario elettorale che ogni settimana consegno ad Italy Magazine per raccontare ai sudditi di sua maestà le elezioni politiche nostrne, ma se dovessi sinceramente dichiarare il mio candidato preferito non avrei alcun dubbio!! Vota Cthulhu!
Jeremy Irons è un attore che ammiro molto - pure con barba e baffoni. Anche una semplice pubblicità, nelle sue parole, acquista profondità e passione. Eppure, è piuttosto deprimente che anche pillole di filosofia spicciola ci vengano elargite dalle case automobilistiche. Ecco che scopriamo che viaggiare può essere molto di più che un banale spostamento da A a B. Peccato però che le stesse aziende di automobili ci abbiamo già bombardato di spot in cui erano la velocità e l'aggressività a farla da padrone. Comunque, nonostante il tentativo, io preferisco le parole di Kavafis...
ITACA
Se per Itaca volgi il tuo viaggio, fa voti che ti sia lunga la via, e colma di vicende e conoscenze Non temere i Lestrìgoni e i Ciclopi o Posidone incollerito: mai troverai tali mostri sulla tua via, se resta il tuo pensiero alto, e squisita è l'emozione che ti tocca il cuore e il corpo. Né Lestrìgoni o Ciclopi né Posidone asprigno incontrerai, se non li rechi dentro, nel tuo cuore, se non li drizza il cuore innanzi a te.
Fa voti che ti sia lunga la via. E siano tanti i mattini d'estate che ti vedano entrare (e con che gioia allegra!) in porti sconosciuti prima. Fa scalo negli empori dei Fenici per acquistare bella mercanzia, madrepore e coralli, ebani e ambre, voluttuosi aromi d'ogni sorta, quanti più puoi voluttuosi aromi Recati in molte città dell'Egitto, a imparare imparare dai sapienti.
Itaca tieni sempre nella mente. La tua sorte ti segna quell'approdo. Ma non precipitare il tuo viaggio. Meglio che duri molti anni, che vecchio tu finalmente attracchi all'isoletta, ricco di quanto guadagnasti in via, senza aspettare che ti dia ricchezze. Itaca t'ha donato il bel viaggio. Senza di lei non ti mettevi in via. Nulla ha da darti di più.
E se la trovi povera, Itaca non t'ha illuso. Reduce così saggio, così esperto, avrai capito che vuol dire un'Itaca.
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