di stefano del 31/07/2009 @ 13:14:43, in viaggi, letto 1427 volte
Quanto ci mette un mito a nascere? Già due anni bastano. Nel maggio del 2007 ho passato 12 giorni in barca sul Po, insieme a Michele Marziani, a cercare di capire cosa fosse rimasto della cultura del fiume. Un viaggio molto bello, un'esperienza ricca, ma che diede dei risultati deprimenti come esplorazione. Il fiume era abbandonato, violentato e lasciato a se stesso, preda di chiunque volesse abusarne e farne le peggiori cose. Chi cercava di salvarlo lo faceva per conto proprio, portando avanti qualche tradizione che probabilmente non gli sarebbe sopravvissuta, o se sì, non per molto.
Ma in me, quei ricordi si erano già confusi e in parte erano sfumati a creare un mondo in qualche modo affascinante. E così, la scorsa settimana, quando sono tornato insieme a Michele, Luca e Carla sul fiume per preparare un nuovo booktrailer, mi è ricaduta sotto gli occhi la vera realtà. Il Po è il nulla. Abbiamo girato ore senza incontrare nessuno. Né un locale aperto, né una persona, niente sul fiume. Solo centinaia di case semi-distrutte lasciate al loro destino. La vita prosegue solo oltre l'argine, che sembra un muro invalicabile che tiene fuori un mondo che non si vuole. E' più probabile che le tribù dei galli scese dalle Alpi e intenzionate a saccheggiare Roma nel 300 avanti Cristo avessero trovato più passanti, chioschi e imbarcaderi di quanti ne abbiamo visti noi.
Non che la cosa non abbia fascino. In realtà tutto il fiume e le sponde sono un luogo selvaggio, fuori dagli schemi. Un posto di frontiera, così come frontiera oggi, è qualsiasi luogo non sia raggiungibile da una strada. La nostra vita passa nei luoghi raggiungibili dalla macchina. Tutto il resto è frontiera, dimenticanza, abbandono. Lo è anche il Po. Molti di quelli che ci vivono lo tengono a distanza. Se non guardi oltre l'argine, il fiume non esiste. La verità è che del fiume importa poco a tutti. Per la maggior parte il Po è solo un fastidio da attraversare, uno spiacevole nastro d'acqua che interrompe i programmi e divide il paese in due, e i ponti sono sempre pochi. Per chi lo ama, c'è poco da fare, se non stare lì a guardarne l'agonia senza poter fare poi tanto. Io lo amo e ne scrivo. Altri fanno la stessa cosa. Qualcuno lo ama così tanto da viverci. E li conosci e li apprezzi. Ma più li senti parlare del loro amore, più ne percepisci i sentimenti, e più ti intristisci perché è come guardare un amore impossibile. Come un film francese. Che lo guardi ma tanto sai che la storia finisce male.
E allora è piacevole passare una serata alle Occare, una piccola oasi, vicino ad Argenta, in cui il fiume acquista di nuovo dignità, storia, realtà. Qui si sentono i profumi dei prodotti del fiume, se ne gustano i sapori, e si può dormire in un luogo plasmato dal fiume stesso. Il riso, il caviale di storione, le zucchine, i meloni, i vini delle sabbie - tutto parla del fiume. Si sente la passione di chi ha deciso di vivere qui e di far vivere i prodotti del fiume. Come Cristina, proprietaria dell'agriturismo, o Mirco, che dà vita a vini davvero inaspettati e godibilissimi.
Ma quando esci, la mattina dopo, e torni sulle strade principali, l'idea è quella di aver fatto un bel sogno. I ricordi ancora una volta si confondono, le sensazioni si fanno disordinate e l'unica cosa di cui ci si accorge, e che nonostante tutte e campagne degli assessorati al turismo, delle pro loco e delle compagnie di viaggio, mondi interi sono scomparsi, e non ne è rimasto quasi più nulla. Il resto sono oasi e musei all'aperto.
Alla base di tutto c'è l'ipocrisia. Se il mostro ti serve, lo tieni, altrimenti lo rimandi a casa a pedate nel didietro. E' quello che succede nel nostro paese - e non solo - a tutti i livelli. Perché alla fine si possono fare tutti i giri di parole e le campagne antiberlusconiane che si vuole, ma gli italiani e i loro governanti si assomigliano molto. Anzi, sono proprio le stesse persone.
A Rimini il comune cerca di usare il pugno duro contro i venditori abusivi, ma non ce la fa. In primis perché ci sono circa 25 vigili per 15 chilometri di costa (e tra l'altro sono gli stessi vigili che poi non sono mai presenti quando qualche auto-dipendente parcheggia sulle piste ciclabili, sui marciapiedi e nelle piazze), ma in secondo luogo perché molti bagnanti hanno preso le difese dei venditori abusivi, per la maggior parte senegalesi e cinesi. Che succede? Un rigurgito di fratellanza? Una comune unione tra tutti gli esseri umani contro la spietata economia che pone gli uni contro gli altri, tutti sfruttati per mantenere lo status quo? No, nulla di così complesso. Semplicemente i venditori abusivi hanno i prezzi più bassi. Le merci sono tarroccate ma soprattutto costano davvero poco. Con 15 euro uno si compra 5 cinture tipo Dolce&Gabbato o Arnani o Verace, quando normalmente non basterebbe un piccolo mutuo.
Ha detto bene l'assessore alla pubblica sicurezza di Rimini Roberto Biagini: “Molto spesso, [i turisti che difendono i venditori] sono gli stessi che a casa loro tempestano di telefonate i vigili se solo uno straniero entra nel loro giardino”. Ecco il punto, l'ipocrisia. Gli immigrati li vogliamo rimandare tutti a casa, ci hanno rotto, rovinano il paese, distruggono la nostra società contaminandola. Però, se si mettono al loro naturale ruolo da servitori facendo i lavori orribilmente umili e vendendo merci a prezzi stracciati allora non solo possono rimanere, ma li difendiamo anche.
E' la stessa cosa che fa il governo con una legge a dir poco aberrante. Dopo aver sbarrato la porta ad ogni tipo di migranti, liberato nel canale di Sicilia orde di squali e orche assassine pronte a ribaltare barconi e a divorare ogni poveraccio che finiva in mare, dopo aver dato vita a campagne razziste contro i rumeni violentatori, i marocchini e i tunisini tutti di al-qaeda, i senegalesi negri (e non servono altre specificazioni) e i cinesi che si preparano, nascosti nelle cucine dei loro ristoranti, ad invadere i paesi, adesso viene però fuori che se qualcuno rimane a fare la badante e pulire il culo ai vecchi (e molti parlamentari sono lì lì per averne bisogno) non è proprio malaccio.
Ed ecco il decreto legge ad-hoc, il salva badanti, la regolarizzazione di un nuovo tipo di schiavismo, e di una corsia preferenziale tutta a nostro vantaggio. Insomma, il messaggio è questo. Che gli stranieri stiano a casa loro. Ma se proprio proprio si mettono in testa di voler venire qua, almeno che si rendano utili, cazzo! Abbiamo bisogno di badanti e colf, poi servirebbero gli uomini carta-igienica, pronti a strusciarsi su richiesta (e così, finalmente, smettiamo di abbattere gli alberi). Qualche posto vacante anche come uomo-attraversamento, da mandare in avanscoperta sulle striscie pedonali prima di un bianco-di-pura-razza-italica, così, nel caso di un pirata della strada (che tanto è straniero anche lui), non verrà versato il sangue di Scipione. Di lavori di questo tipo ce ne sono davvero tanti, e la nostra società ne ha bisogno!
Quando mi hanno detto che al Molino Rosso di Imola si mangia bene la cosa mi ha colpito. Non che avessi dei preconcetti sul locale, che non conoscevo, ma più che altro per la sua ubicazione a due passi dal casello della città emiliana. Siamo abituati a cercare i luoghi più incontaminati e i ristoranti più nascosti convinti dell'analogia: più un ristorante è fuori dalla civiltà più si mangia bene, per cui, l'idea di mangiare a poca distanza dalla corsia di emergenza dell'A14 mi aveva lasciato perplesso. Capiamoci, il Molino Rosso non è una stella Michelin, ma è un luogo interessante, e sicuramente può (o, meglio, poteva) essere una valida alternativa ad un pranzo di viaggio consumato con i panini dell'autogrill dai nomi che richiamano il sole e il mare e il sapore che invece richiama il cartone e il dado knorr.
Da fuori è un casermone rosso e dentro lo stile lussuoso anni '70 sa un po' d'antico. La sala da pranzo è a dir poco enorme, con delle nicchie - carine - in cui ci si può sedere con i commensali e avere un po' di privacy. I lampadari di cristallo fanno tanto Grand Hotel (non la rivista di fotoromanzi) e a guardarli si materializzano pensieri di persone spiaccicate sotto il loro devastante peso.
Ma veniamo alla parte gastronomica. Il personale è veloce e competente, e i piatti sono quelli tipici della cucina emiliana. Noi abbiamo provato dei buoni cappelletti verdi con ripieno di mortadella al burro fuso e pistacchi e dei tagliolini al guanciale, funghi e pecorino di grotta. Entrambi i piatti facevano bella figura per i sapori sempre ben distinti e di qualità, e la composizione. Sui secondi siamo stati più spartani e ci siamo lasciati andare con un po' di affettati (alcuni buoni, come la coppa, altri meno notevoli) e un misto di frittura. Fin qui tutto bene. Parere positivo. Un pensiero: abbiamo trovato la sosta alternativa per i viaggi sulla A14!
Poi le brutte sorprese sono arrivate al conto.
Ci sono locali in cui si spende molto. Ma la spesa è comunque giusta, perché si pagano delle materie prime eccellenti, un cuoco che si ingegna e sperimenta, e una spesa fresca e di giornata. Ci sono invece altre volte in cui le spese sono un furto, come nel caso del Molino Rosso. 3 euro e 50 di coperto non si possono proporre senza prima informare il cliente che se vuole può avvisare il proprio avvocato. Non c'è pane fatto in casa che tenga: 3 euro e 50 sono uno sproposito. 2 euro e 50 d'acqua, soprattutto quella ottenuta con apposito decalcificatore e purificatore dall'acqua del rubinetto sono una follia. Molti ristoranti la servono gratuitamente. 1 euro e 60 di caffé dà credito della filosofia: di qui passano viaggiatori che non tornano e quindi li spenniamo. Corollario di questa teoria i 7 euro e 50 per mezzo litro di vino.
A conti fatti, io, insieme ad altri 4 amici, ho lasciato al Molino Rosso più di 30 euro per non si sa bene che cosa. Non per i piatti, non per il servizio né per un ex-voto, né tanto meno per cercare di corrompere qualche politico imolese e avere una carriera nell'amministrazione pubblica locale, più probabilmente sono 30 e più euro di dogana, o di tasse autostradali, non so. Queste cose sono davvero tristi e danno conto di una tendenza della ristorazione locale - quella cioè di “fregare” il cliente (tesi sostenuta dal fatto che i prezzi del coperto e delle bevande non si trovano nel menù all'esterno) - davvero dura a morire.
In conclusione: fino al conto lo avrei consigliato, dopo, ognuno si faccia i propri calcoli e valuti se ha 30 euro da buttare via. Il resto può essere ben speso.
Un anno fa nacque pedonestanco.com, un sito che avevo pensato per distribuire gratis alcuni adesivi da appiccicare sul parabrezza di quelle simpatiche automobili che parcheggiano sul marciapiede e sulle piste ciclabini (e ce ne sono parecchie!)
Oggi, dopo un anno preciso, pedonestanco.com muore. Non che non abbia fatto bene il suo lavoro, ma non ho davvero tempo per seguirlo. Muore il sito, ma non muore l'iniziativa. Gli adesivi, infatti, sono ancora disponibili sia presso la libreria Indipentente|mente Interno 4 di Rimini, sia presso lo studio di Sintesi Comunicazione a Sassocorvaro.
Di seguito incollo il primo post del sito, visto che a breve sparirà, come lacrime nella pioggia (per citare il mitico Rutger!)
Cos'è pedonestanco? E' un sito per tutti quelli che non sopportano più l'arroganza degli automobilisti e il loro credersi padroni della strada. Facciamo subito un distinguo. Anch'io uso la macchina, e ne apprezzo la comodità, ma questo non significa parcheggiare sulle piste ciclabili, sui marciapiedi, davanti ai garage, nei centri storici, davanti ai passaggi per carozzelle, nelle strade strette, insomma: ovunque!
E allora ho deciso di manifestare la mia contrarietà nei confronti degli automobilisti maleducati con questi adesivi, da appiccicare sull'auto (senza danneggiarla, ovviamente). Ne ho parlato con qualche amico, l'idea è piaciuta e ho deciso di distribuire gli adesivi, per ora gratuitamente.
Per ora, è possibile trovare gli adesivi all'Interno 4, a Rimini, e presso Sintesi Comunicazione a Mercatale di Sassocorvaro e prenderne un po' (siate parchi!) gratuitamente. In futuro attiverò sul sito la possibilità di ordinarne piccoli quantitativi a prezzo di stampa (e spese postali) tramite paypal.
Inoltre, ho pensato di raccogliere su questo sito tutte le foto che farò o farete (partecipazione libera, anzi incentivata) alle assurdità della viabilità della vostra città e alle macchine prese in flagrante (parcheggi vietati, su piste ciclabili, etc.), o foto degli adesivi attaccati con particolare maestria o in posizioni ragguardevoli!
L'idea è stata possibile grazie all'appoggio grafico e tecnico di SintesiComunicazione, agenzia di comunicazione nella quale lavoro e che ha sponsorizzato e lavorato con me a questo progetto.