Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
di stefano del 16/07/2006 @ 00:51:00, in viaggi, letto 1041 volte
 Il viaggio lungo la costa marchigiana mi affascina ogni volta per la sua diversità di emozioni e paesaggi. Dalla rocca di Gradara e i colli che fanno scivolare le vigne sino quasi alle lunghe spiagge sottili, larghe a sufficienza per far una fila di scogli, una spruzzata di mare e due persone spalla a spalla, sino alle raffinerie Blade Runner tra Falconara e Ancona, con il groviglio seprentiforme di tubi che risplende sotto il sole e le lingue di fiamma come sacre cupole su pinnacoli. Appena una spiaggia si apre abbastanza da guadagnare il nome di baia, subito orde di ombrelloni colorati la riempiono con i loro cappelli e i turisti annessi. Dove i bagnanti raggiungo il numero sufficiente si costruiscono gli alberghi, un po’ come a monopoli. Ma almeno nel gioco della Parker Bros sono piccoli, puliti e rossi. Qui, invece, hanno forme faraoniche e geometrie poco euclidee, ma soprattutto dimensioni mastodontiche. Ancona e il Conero dividono una marca ancora dal sapore romagnolo, con le file di alberghi e di strutture ricettive salite dalla valle della Geenna, dalla marca più selvaggia, in cui si aprono paesaggi erbosi e desolati, per subito richiudersi tra costruzioni abusive e piloni di cemento armato. Le esili foci dei fiumi sono intristite da palazzoni a picco sulle rive. Dietro a tutto questo stanno i colli paglierini e verdi, grazie ai quali Leopardi non vedeva lo scempio costiero. Sono belle le Marche, a metà tra nord e sud, a cavallo tra diverse Italie, e di tutte le Italie portano i segni e le ferite, belle e brutte.
L’idea è di quelle carine e semplici, senza pretese. E in effetti basterebbe molto poco per farla funzionare bene, ma questa volontà manca. Il mare in piazza è un nuovo ristorantino tra piazza Cavour e piazza Malatesta, a Rimini, nel vicoletto che passa di fianco alle rovine del teatro. Un’osteria che propone gli evergreen adriatici: antipasti freddi e caldi, i classici primi con pesce (tagliolini allo scoglio in primis), grigliate, fritti e qualche piccola novità come il trancio di pesce spada con erbette. I sapori sono quelli di sempre (a volte viene il pensiero che l’antipasto freddo di pesce sia già venduto pronto e preparato nella fiamminga, soltanto da servire in tavola), ma questo ci può stare (se è quello che si cerca), e anzi, ristoranti più blasonati offrono spesso antipasti ancora più industriali. In più qui c’è il plusvalore di una cena all’aperto nel centro storico.
Il buio (senza luce in fondo al tunnel) cala invece sul servizio. Se non si vuole investire nei camerieri, tanto vale fare un buffet. La cronaca di un normale e vivace andirivieni di un sabato sera estivo è stata un bollettino devastante. I camerieri si cambiavano i tavoli in modo irrazionale dimenticando per ore affamati clienti abbandonati alla loro disperazioni. I radi incontri tra le due opposte formazioni non risolvevano la faccenda, anzi. Decisamente alcuni camerieri soffiavano sul fuoco affermando che gli ordini richiesti dai tavoli non erano mai stati effettuati (“Voi vi sbagliate non l’avete mai chiesto”), oppure risposte solerti ma piatti latitanti. In due ore e mezzo di serata, il nostro tavolo non è andato oltre gli antipasti, tra l’altro senza l’accompagnamento di piada richiesto fino alla raucedine.
A fronte di lamentele e richieste di spiegazioni, il loquace proprietario si è limitato a fare spallucce e chiedere esattamente cos’era arrivato e cosa no per fare il conto, senza sconti e senza scuse. Da lapidazione!
di stefano del 06/07/2006 @ 19:37:00, in viaggi, letto 1028 volte
 La Calabria è proprio come uno se la immagina. Appena uscito dall'aeroporto i colori ti colpiscono con una lucentezza improvvisa e vivida. Ai bordi delle strade occhieggiano Eucalipti e piante non meglio identificate dai maliziosi e carnosi fiori blu. Il resto è aria ferma, calda e secca, un frinire continuo di insetti e cicale da ogni cespuglio e fronda, una calma immobile e completa. Verde e blu si dividono il panorama, l'immenso mare piatto e sonnecchiante e i colli ingolfati di vegetazione. All'ombra di Capo Vaticano, dove un tempo antiche popolazioni divise tra greci e romani vaticinavano il futuro nelle viscere degli animali e nel volo degli uccelli o nelle ceneri capricciose di un bracere, ci si sente stretti tra il caos impulsivo dei vulcani che minacciosi sbuffano a sud e a nord. A vista d'occhio, sembra quasi di poter sfiorare l'Etna e Vulcano, ai poli opposti del panorama. Lo stretto è solo una breve interruzione tra una costa e l'altra, il resto è cielo e mare.
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